UN TE CON-DIVISO

    I copioni familiari

     

    I copioni familiari tramandati da generazione in generazione 

    Il cuore batte ad un ritmo più veloce del solito, le mani si muovono creando un ballo tra le dita, gli occhi rivolti al cielo …
    Paura, pre-occupazione, ansia e tanta gioia, questo accade quando mi dico: “Anna su! È arrivato il momento di iniziare a pensare all’argomento per la tesi”.
    Nessuna idea, o meglio, ogni idea viene scartata dal mio giudizio “a chi vuoi che possa interessare questo argomento?!”.
    Poi mi fermo, ecco la mia idea, mi piace, il giudizio mi dice “si ma è difficile”, le mie labbra sorridono, il mio cuore prova tenerezza, la mia mente si ferma.

    Mi chiedo: “cosa leggerei io?”
    “Scrivo un romanzo” mi dico, non so come si fa, non ne ho mai scritto uno. Ci provo!
    L’idea nasce nel mese di aprile del 2017, ero a Catania al convegno di Gestalt.
    Nasce spontaneamente, forse era lì e mi bastava solo abbassare lo sguardo per vederla, a volte le risposte sono sotto il nostro naso ma è proprio lì che la difficoltà nasce, si, perché l’ovvio non è così facile da vedere.
    Famiglia, miti, donne, copione di vita, amore, tutto si traduce per me nella mia tesi:

    Un TE con-diviso

    Il mio interesse è volto alle donne della mia famiglia, parto dalla nonna, attraverso la mamma ed arrivo a me.
    Visito i copioni di vita che queste, prima di me, hanno messo in scena, arrivo a me e guardo il mio copione: è mio o semplicemente sto portando avanti il loro?
    Ho cambiato qualcosa o la mia è solo illusione?

    I copioni familiari si muovono silenti e nello stesso modo vengono tramandati di generazione in generazione.
    L’osservazione è lo strumento principale attraverso il quale il copione viene appreso. E io ho osservato le mie donne, ho osservato i loro copioni e mi è stato utile proprio per imparare a fare qualcosa di diverso, per allontanarmi da quegli incastri familiari, quei casini che creano tanta confusione ai miei occhi. È stato fondamentale per me osservarle, guardare loro fare per aiutare il mio fare diverso.
    Esatto, solo guardando questi copioni sono riuscita a distaccarmene.

    Noto che le mie donne in ambito “amoroso” hanno fatto dei meravigliosi pasticci: amore e sofferenza vanno di pari passo, camminano insieme e si muovono in sinergia.
    Viene prima l’amore per l’altro e poi, forse, quello per se stesse.
    Provo rabbia e paura allo stesso tempo, avrò fatto anch’io questo? Sarò anch’io così immersa nell’amore da dimenticare me?

    Sin da piccola sono stata vista come quella “furesta” (colei che si distacca, colei che si differenzia per modi di fare o dire), poi c’era chi mi chiamava “viperina”, quella che non seguiva “il si fa così”, quella egoista che prima pensa a sé e poi agli altri.
    Strano a dirsi, io non mi sentivo così ma per un lungo periodo ci ho creduto davvero e ricordo di aver disimparato ad amarmi, i “no” erano rivolti sempre e solo ai miei bisogni e desideri … nonostante questo venivo sempre vista come “la strana”, “la diversa”…
    agli occhi degli altri nulla era cambiato ma in me si, io non ero felice!

    Un viaggio alla ri-scoperta di me, un viaggio giudicato folle da chi mi circonda, un viaggio incomprensibile per molti, difficile e intrigante per me.
    Non so se in qualche modo ho ri-proposto un copione di vita che ho appreso guardando le mie donne, non so se sono stata diversa nella mia vita.

    L’importanza dei copioni di vita in terapia come mezzo per imparare a fare altro di più funzionale per la persona.
    Questa tesi rappresenta per me un viaggio e il mio compagno di avventure sarà una lente di ingrandimento. Sono curiosa di scoprire “la mia danza”, di avvicinarmi e visitare luoghi che ora posso solo immaginare e che mi regalano tanti brividi sulla pelle.
    Beh, non mi resta che augurarmi e augurarvi BUON VIAGGIO!

                                                                                           Anna De Martino

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    All’interno della famiglia, ognuno ha il proprio “posto”, unico, insostituibile e speciale in relazione agli altri, posto che è strettamente legato al momento della nascita. Esso necessita di riconoscimento al fine di stabilire armonia nelle relazioni.
    I genitori vengono prima dei figli, i fratelli maggiori prima dei fratelli minori, perché la vita stessa segue un ordine temporale.
    Il sistema familiare necessita di un equilibrio, tale equilibrio, per essere rispettato, fa capo a sua volta a due principi di base: i genitori dovrebbero dare amore senza pretendere nulla in cambio, i figli dovrebbero ricevere amore con gratitudine senza giudicare quello che hanno ricevuto.
    In questo mio viaggio tra i copioni familiari mi sono resa conto della cecità dell’amore nel sistema familiare.
    Un amore cieco come un vicolo che unisce i figli ai propri genitori. Un amore senza condizioni, ma anche cieco, che spinge i figli a prendere inconsapevolmente su di sé il dolore e il destino dei propri genitori.
    Alcuni figli sono pronti a sacrificare la propria esistenza per i genitori e, nell’illusione di poterli salvare, si condannano ad una vita di fallimenti, di solitudine, di malattia o addirittura alla morte.
    Il mio amore cieco per le donne della mia vita ha lasciato che io potessi aprire gli occhi sull’amore per me. Questo mi ha aiutato a smettere di collezionare fallimenti, a togliermi la maglia da super eroina e lasciare a loro le loro vite e a me la mia.
    Guardo, non giudico, sto nel mio a volte con molta fatica: ho smesso di volerle e poterle salvare.
    In terapia si ripropone questa dicotomia:genitore –figlio.
    In terapia, infatti, il rapporto tra terapeuta – paziente è molto simile a quello genitore – figlio.
    In terapia osservo il visibile, non mi lascio guidare dal giudizio, da ciò che io farei, da ciò che è giusto. Porto con me l’insegnamento che ho appreso dall’esperienza relazionale con le mie donne e sto lì, con i miei clienti, con ciò che io sento lasciandoli liberi di scegliere. Si crea così un rapporto basato non su ciò che è bene e male, ma lasciando spazio ad un servizio che si rende all’amore e alla ricerca di possibilità. Ognuno le sue. Io sono un mezzo non la salvatrice!
    Il mio vedere non conduce ad una verità oggettiva, ma è una forza terapeutica che consente di compiere interventi nel rispetto e con amore, in un processo reciprocamente creativo che genera effetti sia sull’oggetto che sul soggetto di tale azione.
    Il vedere non è qualcosa che si può decidere di fare a priori, poiché implica l’aprirsi con curiosità a trame complesse per consentire la visione dell’essenziale.
    Lavoro con l’ovvio, con ciò che sotto il naso c’è, con il banale, con amore per chi mi siede davanti. Con rispetto e responsabilità. Con la mia storia, con i miei copioni ora consapevoli. Con le mie scelte, con le differenze tra me e l’altro.
    Intervengo con le mie fantasie, non ho alcun controllo sull’uso che i miei clienti potranno fare degli interventi stessi.
    Una presenza orientata alla libertà di scelta, alla possibilità delle non azioni, al vedere le risorse più che a creare soluzioni.
    Propongo, in seduta, la possibilità di uno spazio vuoto in cui può avvenire la guarigione.
    Le mie fantasie funzionano se attivano l’amore della persona.
    Aiuto il paziente a trovare un modo d’amare opportuno e maturo, il problema scompare e lo stesso amore che alimentava il problema ora lo risolve. Ciò che conduce ad essere se stessi è l’amore e la capacità di vedere.
    Gli interventi funzionano solo se attivano l’amore del paziente, se lo sanciscono; la reazione, l’effetto piacevole o spiacevole, del paziente è il criterio di valutazione delle fantasie proposte durante il lavoro terapeutico! ...

     

     

     

     

     

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