UN NUOVO LOCKDOWN? CRITICO PER LA PSICHE!

     COVID-19. secondo lockdown critico per la psiche

     

    Questa pandemia, come ogni situazione critica, sta mettendo in evidenza la grande vulnerabilità dell'essere umano, posto difronte ad una sfida adattiva quotidiana.
    Di qui la grande importanza degli aspetti psicologici che però non vengono supportati da nessuna rete pubblica.
    Ora, dopo ormai 8 mesi, la pandemia ha prodotto importanti disagi psicologici, diventando un vero e proprio problema, sia sul piano del benessere psicofisico che psicosociale.
    Dopo il periodo estivo, i livelli di stress si sono nettamente innalzati tanto da raggiungere quelli sfiorati nel mese di marzo. I dati parlano chiaro: il 59% degli italiani ha livelli di stress medio-alti.
    Questi e altri dati, dei quali possiamo avere riscontro durante le nostre giornate, oramai del tutto modificate e caratterizzate da nuove abitudini, evidenziano come il nostro paese è privo di risorse psicologiche che potrebbero far reggere un nuovo lockdown.
    Lazzari, presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi, ha definito "Insostenibile" una nuova e totale chiusura.
    Da mesi, noi "PSI" stiamo urlando a squarciagola quanto la psicologia sia importante per la resilienza individuale al fine di costruire un futuro.
    La prevenzione, parola tanto spesa quanto poco praticata nel nostro paese, è fondamentale in questo periodo storico così singolare. Non basta una prevenzione privata, bensì una pubblica che abbracci la scuola e l'assistenza sanitaria di base.
    Il disagio psicologico è dunque un problema di natura pubblica!
    Uno studio dell’Istituto Piepoli per Centro Studi CNOP (Consiglio Nazionale Ordine Psicologi) sostiene che gli italiani sono fortemente a rischio depressione: gli italiani stanno ancora pagando gli effetti psicologici del primo lockdown.
    Un altro studio, condotto dall’Università dell’Aquila in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata e pubblicato sulla rivista MedRxiv, afferma che nel corso della prima chiusura i livelli dei disturbi correlati allo stress erano 5 volte superiori.
    Più colpite le giovani donne, per due motivi sostanziali.
    Il primo è di natura biologica. Sembra che il trauma da stress e il disturbo depressivo maggiore mostrino una più elevata rappresentanza nelle donne.
    Il secondo è collegato al covid-19. Le donne rivestono un ruolo chiave all'interno della famiglia, sono l'ago della bilancia, a loro il compito di mantenere un equilibrio. Sono, dunque, l'elemento che più soffre la paura del contagio per sé e i propri cari.
    La rapidità con cui l'emergenza sanitaria si è diffusa, l'impatto che ha avuto sulla salute di tutti i cittadini e la scarsità delle risorse hanno posto i professionisti delle cure nelle condizioni di vivere in modo straordinario tutti quei disagi organizzativi, fisici e psicologici, che normalmente già vivono, ma in condizioni "spalmate nel tempo".
    Al di fuori di questa situazione emergenziale dunque chi lavora in ambito medico ha quotidianamente a che fare con la gestione di emergenze e urgenze, con turni stressanti, reperibilità, carenza del personale, oltre all'impatto continuo del contatto con la sofferenza.
    Per questi motivi, il lavoro sanitario è considerato a più alto rischio per lo sviluppo della sindrome da burnout, caratterizzata da esaurimento emotivo, depersonalizzazione e derealizzazione personale.
    È proprio su questo terreno che si innescano gravi disagi di situazioni catastrofiche, pertanto un aumento del disturbo post traumatico da stress.
    Insomma, la situazione è di emergenza anche psicologica, che potrebbe poi tradursi in danni futuri ed incisivi con cui fare i conti.

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