Cara me,
mi fermo un attimo, proprio ora, in questo raro spazio di silenzio, per mettere su carta i pensieri che si accavallano nelle mie giornate di neomamma e psicoterapeuta. Ogni giorno sembra una corsa contro il tempo, un equilibrio precario tra le mille richieste della vita, eppure eccomi qui, a cercare un senso in tutto questo caos.
La domanda che ritorna: come si fa a fare tutto?
C'è una parte di me che si domanda spesso: "Come si fa a fare tutto?". La risposta è che, forse, non si fa tutto, almeno non sempre. Ogni mattina comincia con un rincorrersi di priorità: il pianto di Gerardo che mi sveglia, una colazione a volo perché il tempo sembra scivolare via tra un cambio di pannolino e una montagna di panni da lavare, e quel pensiero costante che mi accompagna: "voglio riuscirci anche oggi."
Lavoro e maternità: mondi che si intrecciano
Il lavoro, che una volta era il mio spazio di espressione e realizzazione personale, ora si mescola alla vita domestica in modo quasi surreale e allo stesso tempo, a modo suo, armonico. La mia scrivania è condivisa con biberon, salviette umidificate, fogli sparsi di appunti clinici e la mia agenda di appuntamenti. Mi ritrovo a passare da una telefonata con un paziente a una canzoncina cantata per calmare il bambino, da una consulenza sulla gestione dell'ansia a una mia personale impazienza perché il pavimento è un campo di battaglia di giocattoli e briciole. Mi tocca chiedere aiuto, delegare!
La casa come promemoria di ciò che non riesco a fare
E poi c'è la casa. La casa che, in teoria, dovrebbe essere il nostro rifugio, ma che spesso diventa un altro promemoria delle cose che non riesco a fare. La tazza della colazione nel lavello, i vestiti da stirare che restano impilati per giorni, e quella polvere sugli scaffali che mi guarda come a dire: "Non ti sconfiggeremo mai." Mi tocca chiedere aiuto!
La cura di sé: una conquista quotidiana
E la cura di me stessa? Quella è la prima a non svanire in questo mosaico di responsabilità. Una doccia calda diventa un permesso, un pasto caldo un traguardo. Mi guardo allo specchio e vedo qualcuno di forte e stanco. Qualcuno che si chiede se è normale sentirsi così, dilaniata tra il desiderio di essere tutto per tutti e il bisogno di ritrovarsi sola con se stessa.
Il filo che tiene tutto insieme: l’amore
Eppure, c'è un filo che mi tiene insieme: l'amore. L'amore per mio figlio, che con un sorriso riesce a illuminare anche le giornate più buie. L'amore per il mio lavoro, che mi ricorda perché ho scelto di fare la psicologa: per essere lì, con gli altri, nelle loro difficoltà, anche quando sono immersa nelle mie.
L'amore per ciò che faccio che ogni giorno ribadisco e confermo perché non c'è altro posto in cui vorrei essere, perché non c'è altro che farei, perché se non avessi fatto questo mi sarei chiesta ogni giorno "perché"!
Le domande come compagne di viaggio
Scrivendoti, cara me, mi rendo conto che non ho tutte le risposte, ma sto imparando a vivere con le domande. Chiedere aiuto non è una debolezza, lasciare indietro qualcosa non significa fallire. Ci sono giorni in cui fare combaciare tutto è impossibile, e va bene così.
Accogliere l’imperfezione
Questa è una fase, una parte di un viaggio più grande. Non voglio essere perfetta, né come mamma, né come psicologa, né come donna. Voglio solo essere qui, presente, e continuare a camminare, anche quando il cammino sembra ripido o rapido.
Con tenerezza e compassione,
Anna